🪔L’Egitto è Umm Ali🪔

Oh, l’Umm Ali! Non un semplice dolce, ma una vera e propria epopea di pasta, latte e frutta secca, con un nome che, beh, significa “la mamma di Alì”… già questo dovrebbe far capire l’importanza! La nostra storia inizia in un Egitto fumante e chiassoso, non quello delle Piramidi silenziose e imponenti (anche se pure quelle erano lì, ovviamente, con qualche cammello che brontolava in primo piano), ma quello del XIII secolo, sotto i Mamelucchi, quando la vita era un dramma shakespeariano tra sultani e complotti, e il cibo era una cosa seria.

Immaginatevi la scena: siamo nel pieno del regno del Sultano Ezz El Din Aybak. Il Cairo è un alveare di mercanti, asini carichi, e odori di spezie che ti fanno girare la testa. Il Sultano, un uomo notoriamente… complicato con le donne, aveva due mogli che si detestavano con la passione di due scorpioni in un barattolo: la prima, la nostra Um Ali, e la seconda, Shagaret El Dor (che, tra l’altro, era stata pure lei un Sultano per un breve periodo, una donna che non le mandava a dire). Succede il patatrac: il Sultano muore (chi dice per omicidio, chi per un battibecco finito male, ma l’Egitto è la patria dei pettegolezzi, quindi chi può dirlo?), e la seconda moglie, Shagaret El Dor, viene… diciamo, sistemata da degli sgherri su commissione di Um Ali, che evidentemente aveva un senso dell’umorismo macabro e, soprattutto, un acuto senso della vittoria.

Per celebrare la sua “nuova libertà” e il suo trionfo sulla rivale (un po’ come noi festeggiamo una promozione con un dolce), Um Ali decide che non basta una semplice cena. Ci vuole un dolce epocale! Un dolce che urli: “Ho vinto io, e in più so cucinare meglio!”. Prese tutti gli ingredienti più ricchi che aveva nel suo harem-cucina: la pasta sfoglia (o il pane raffermo, a seconda di quanto fosse stata avara quella settimana, perché si sa, la ricchezza va e viene!), la inzuppò fino a farla svenire nel latte bollente, dolcificato con un bel po’ di zucchero che a quei tempi costava più dell’oro (e che senso ha festeggiare se non si ostenta un po’ di ricchezza?), poi ci rovesciò sopra, con noncuranza regale, una valanga di frutta secca: pistacchi (quelli belli verdi, quelli che fanno invidia), mandorle (sbucciate, perché siamo persone chic), uvetta sultanina (anche questa, ironia della sorte, nome regale), e una spruzzata abbondante di noce di cocco grattugiata, per dare quel tocco esotico da Mille e una notte. Mise il tutto in un grande vassoio di rame (che luccicava tantissimo, in modo che tutti potessero ammirarlo) e, per finire in bellezza, ci versò sopra un ultimo strato di panna fresca (e qui l’Egitto si fermò per un attimo, perché la panna non si nega a nessuno, specialmente in una celebrazione così… intensa). Mise a gratinare il tutto in un forno a legna (di quelli che ti fanno sudare anche solo a guardarli) finché la superficie non diventò di un bel colore dorato e invitante. Quel giorno, i mamelucchi, i servi, il popolo, e persino i cammelli si scordarono per un attimo le faide dinastiche, il caldo opprimente, e le tasse, perché l’Umm Ali era un dolce così confortante e delizioso da far dimenticare persino un omicidio a corte (o almeno, da non parlarne finché non si era finito l’ultimo boccone). E da allora, è rimasto un’istituzione, un simbolo della cucina egiziana, con la sua ricchezza calorica e il suo retrogusto di “finalmente ho avuto l’ultima parola!”. Per cucinare questo capolavoro degno di un Sultano o di una sua vendicativa consorte, procuratevi (o la vostra schiava più fidata, se siete nell’Egitto del XIII secolo) circa 250 grammi di pasta sfoglia secca (o roka’ – una sorta di pane piatto secco – se volete essere super-tradizionali, o anche dei croissant del giorno prima, se siete moderni e audaci), fatela tostare in forno finché non è ben croccante e dorata, spezzettatela grossolanamente in una pirofila che fa la sua figura a tavola. Intanto, su un fornello, riscaldate circa un litro di latte con 150 grammi di zucchero e, se volete osare, una spruzzata di estratto di vaniglia o, per un tocco ancora più mediorientale, un cucchiaino di acqua di rose o di fiori d’arancio, portando il tutto quasi a bollore e mescolando con fare distratto, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Sulla pasta sfoglia spezzettata, spargete circa 100-150 grammi di un mix regale di frutta secca, che deve includere obbligatoriamente mandorle a lamelle, pistacchi (sì, quelli costosi, per la cronaca), uvetta sultanina e un po’ di cocco grattugiato (non siate avari, è un dolce da festa!). Versate il latte caldo zuccherato sopra la miscela di pasta e noci, assicurandovi che sia ben inzuppata, e lasciate riposare per 5-10 minuti, giusto il tempo che i pezzi assorbano il liquido come spugne assetate. Per il gran finale, montate (o, nel XIII secolo, fate montare vigorosamente a mano) circa 200 ml di panna fresca con un altro pizzico di zucchero e versatela o distribuitela a cucchiaiate sulla superficie del dolce, creando un bel tetto bianco e invitante. Infornate di nuovo a 200°C per circa 15-20 minuti, o finché la panna in superficie non si sarà trasformata in una crosta dorata e lievemente bruciacchiata, così da dare un contrasto sublime. Servitelo caldo, perché è solo tiepido o freddo che l’Umm Ali perde tutto il suo charme da “vendetta divina fatta dolce”.

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🇪🇬 ترجمة قصة “أم علي” بالعامية المصرية

  1. الافتتاحية والتعريف بالطبق
    يا سلام على “أم علي”! مش مجرد طبق حلو، لأ، دي ملحمة حقيقية من عجين ولبن ومكسرات. واسمها، طبعًا، معناه “أم علي”… ودي لوحدها كفاية عشان نفهم أهميتها! قصتنا بتبدأ في مصر المليانة دوشة وبخار في القرن التلاتاشر، مش مصر الأهرامات الهادية الضخمة (مع إنها كانت موجودة برضه، أكيد، مع شوية جمال بيبرطموا في الكادر)، لكن مصر بتاعت المماليك، لما كانت الحياة عبارة عن مسرحية شيكسبيرية فيها سلاطين ومؤامرات، والأكل كان موضوع جد.
  2. المشهد الدرامي والصراع
    تخيلوا المشهد: إحنا في عز حكم السلطان عز الدين أيبك. القاهرة زي خلية النحل، فيها تجار وحمير شايلة بضاعة، وريحة توابل بتدوخ. السلطان، اللي كان معروف إنه… مُعقّد مع الستات، كان متجوز اتنين بيكرهوا بعض بـ “حقد عقربين في برطمان”: الأولى، وهي بطلة قصتنا أم علي، والتانية، شجر الدر (اللي بالمناسبة، كانت هي كمان سلطانة لفترة قصيرة، يعني ست ما بتعرفش تسكت).

وبعدين بتحصل الكارثة: السلطان بيموت (ناس تقول اتقتل، وناس تقول خناقة سخنة خلصت بـ “موتة وحشة”، بس مصر بلد القيل والقال، مين يعرف؟)، والزوجة التانية، شجر الدر، بتتصرف معاها، خلينا نقول، رجالة بعتتهم أم علي، اللي واضح إن كان عندها حس دعابة أسود، والأهم، حس قوي بالانتصار.

  1. الاحتفال وولادة الحلوى
    عشان تحتفل بـ “حريتها الجديدة” وانتصارها على منافستها (زي ما إحنا بنحتفل بالترقية بطبق حلو)، أم علي قررت إن عشاء بسيط مش كفاية. لازم تعمل طبق حلو تاريخي! طبق يصرخ: “أنا اللي كسبت، وبعرف أطبخ أحسن كمان!”.

جابت أغنى المكونات اللي كانت عندها في مطبخ الحريم: عجينة الباف باستري (أو عيش ناشف، حسب كانت بخيلة قد إيه الأسبوع ده، ما هو الغنى بيروح وبيجي!)، وغرّقتها لحد ما داخت في اللبن المغلي، ومتحلّي بكمية سكر كانت ساعتها أغلى من الذهب (وإيه لزمة الاحتفال لو مش هنتباهى شوية بالفلوس؟)، وبعدين، بكل استهتار ملكي، رميت فوقهم سيل من المكسرات: فستق (الأخضر الحلو، اللي بيجيب غيرة)، ولوز (متقشر، عشان إحنا ناس كلاس)، وزبيب سلطاني (يا للمفارقة، اسم ملكي هو كمان)، وشوية جوز هند مبشور بزيادة، عشان يدي الطعم الغريب بتاع “ألف ليلة وليلة”.

حطت ده كله في صينية نحاس كبيرة (بتلمع جدًا، عشان الكل يشوفها)، وعشان تختمها صح، حطت فوقها طبقة أخيرة من القشطة الطازة (وهنا مصر وقفت لحظة، عشان مفيش حد يقول لأ للقشطة، خصوصًا في احتفال بالشدة دي).

دخلتها فرن حطب (من الأفران اللي تخليك تعرق مجرد ما تبصلها) لحد ما وشها بقى لونه دهبي وبيفتح النفس.

في اليوم ده، المماليك والخدم والناس، وحتى الجمال، نسوا لحظة الخلافات بين السلاطين، والحر الشديد، والضرايب، عشان أم علي كانت طبق حلو مريح ولذيذ لدرجة إنه بينسّي الواحد جريمة قتل في القصر (أو على الأقل، مبيتكلمش عنها لحد ما يخلص آخر لقمة). ومن ساعتها، الطبق ده بقى علامة، ورمز للمطبخ المصري، بغناه بالسعرات الحرارية، وطعم “أخيرًا أنا اللي قولت الكلمة الأخيرة!” اللي فيه.

  1. الوصفة النهائية (الكيفية)
    عشان تطبخ التحفة دي اللي تليق بسلطان أو بمراته اللي بتعرف تاخد حقها، جهّزوا (أو خلوا الخادمة الأمينة بتاعتكم، لو إنتوا في مصر القرن التلاتاشر) حوالي 250 جرام من عجينة الباف باستري الناشفة (أو رقاق – نوع من الخبز الناشف المسطح – لو عايزين تبقوا تقليديين قوي، أو حتى كام كرواسون بتاع إمبارح، لو إنتوا عصريين وجريئين)، حمّروها في الفرن لحد ما تبقى مقرمشة وذهبية، وكسّروها بالخشونة في طاجن شكله حلو على السفرة.

في نفس الوقت، على النار، سخّنوا حوالي لتر لبن مع 150 جرام سكر، ولو عايزين تتشجعوا، رشة فانيليا أو، عشان تبقى شرقي أكتر، معلقة صغيرة ماء ورد أو ماء زهر، خلوه يوصل لدرجة الغليان تقريبًا وقلبوه بلامبالاة، كأن الموضوع ده طبيعي جدًا.

فوق العجينة المكسرة، رشوا حوالي 100-150 جرام من خليط مكسرات ملوكي، لازم يكون فيه لوز شرايح، وفستق (أيوه، الغالي ده، بالمناسبة)، وزبيب سلطاني وشوية جوز هند مبشور (متبقوش بخلاء، دي حلاوة احتفال!).

صبّوا اللبن السخن المحلّى فوق خليط العجين والمكسرات، وتأكدوا إنه متشرب كويس، وسيبوه 5-10 دقايق، يا دوبك الوقت اللي العجين يمتص فيه السائل زي الإسفنجة العطشانة.

وللختام الكبير، اضربوا (أو في القرن التلاتاشر، خلوا حد يضربها جامد بإيده) حوالي 200 مل قشطة طازة مع شوية سكر زيادة وصبوها أو وزعوها بالمعلقة على وش الحلوى، عشان تعملوا سقف أبيض يفتح النفس.

دخلوها الفرن تاني على درجة 200 مئوية حوالي 15-20 دقيقة، أو لحد ما القشطة على الوش تتحول لطبقة دهبية مُحمّرة شوية، عشان تعمل تباين رهيب.

وقدّموها سخنة، عشان أم علي لما بتبقى دافية أو باردة، بتفقد كل سحر “الانتقام الإلهي اللي بقى حلوى” بتاعها!

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4 risposte a “🪔L’Egitto è Umm Ali🪔”

  1. Avatar shivatje

    🙏🌹

    Aum Shanti

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