Baccalà alla lucana ???? E sia

Non era una sera come le altre, la brezza d’autunno portava con sé profumi di terra umida e mosto appena pigiato fin dentro le sale della Trattoria “Il Brigante Fedele”, incastonata tra i monti lucani, dove il tempo sembrava essersi fermato in un caldo abbraccio di pietra e legno scuro.

La luce delle lampade a olio accendeva le pareti, rivelando le lunghe “serte” di Peperoni Cruschi di Senise IGP, appese come collane rubino: erano l’oro rosso della Basilicata, essiccati al sole, una sinfonia visiva di un colore così intenso da sembrare velluto.

Al centro della sala, nonna Filomena, con le mani che sapevano di storia e olio buono, stava armeggiando in cucina con una frusta di legno, borbottando tra sé: “Serve qualcosa che canti, un sapore che svegli l’anima di chi mangia!”.

Tavoli di legno massiccio erano già apparecchiati con tovaglie a quadri rossi e bianchi, il vociare degli avventori si mescolava al gorgoglio sommesso dell’Aglianico del Vulture, il rosso maestoso che qui non mancava mai, servito in caraffe panciute che ne esaltavano il colore profondo.

Quella sera, un vecchio pescatore di Maratea, non potendo portare il pesce fresco dalla costa, aveva barattato un grosso e sodo baccalà dissalato con una damigiana di Aglianico.

Filomena, guardando quel baccalà candido e massiccio, ebbe un’illuminazione, un lampo di genio contadino.

Prese i Peperoni Cruschi, li pulì con cura, la loro buccia lucida e sottile prometteva una croccantezza indimenticabile, e li tuffò per un attimo fugace nell’olio extra vergine d’oliva bollente, un olio verde smeraldo spremuto dalle ulive del Metapontino, finché non emisero quel suono inconfondibile, il “cruscio” che dava loro il nome, diventando di un rosso ancora più vibrante, quasi scarlatto.

L’aroma esplose nella trattoria: dolce, affumicato, con note di paprika naturale, un profumo che si sposava magnificamente con l’odore salmastro del baccalà cotto poco prima in acqua e poi disposto nel piatto di ceramica ruvida.

Nonna Filomena sbriciolò con un gesto sapiente i cruschi fritti sul pesce bianco, versando sopra l’olio caldo usato per la frittura, un nettare color fuoco che avvolse il baccalà, donandogli una veste cromatica e un sapore unico, un ponte tra il mare e la terra ferma.

Il primo a provare fu Zio Rocco, il cantastorie del paese, che addentò il boccone: il contrasto tra la morbidezza setosa del baccalà e la friabilità esplosiva e il gusto dolciastro dei peperoni lo lasciò senza parole, l’Aglianico nel bicchiere gli sembrò subito più fruttato e complesso.

“Filomena, questo non è baccalà, è poesia! È il sole che sposa il mare!”, esclamò, e l’intera trattoria si fece silenziosa, attratta da quel piatto nato in un istante, un trionfo di semplicità.

Fu così che, in una trattoria lucana immersa tra le vigne e le colline, in un’esplosione di rosso rubino e bianco candido, con il profumo dei Peperoni Cruschi di Senise IGP a danzare nell’aria densa di vino e risate, nacque il leggendario Baccalà alla Lucana, un piatto che racchiude l’anima fiera e colorata della Basilicata.

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7 risposte a “Baccalà alla lucana ???? E sia”

  1. Avatar Lincol Martín

    È un testo evocativo e ricco di colori che trasporta il lettore nel cuore della Basilicata. Con una descrizione ricca e sensoriale, celebra le tradizioni, i sapori e il calore della cucina italiana, mostrando come un piatto semplice possa diventare una vera opera d’arte ed emozione. 🤗🌼

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  2. Avatar RiVerso

    Premesso che ora ho voglia di tornare in Basilicata, trovo molto bella questa tua prosa poetica. Nonna Filomena diventa alchimista di sapori ed emozioni e quanto descrivi è un chiaro eco dell’affetto per una terra ricca di sapori e bellezza. Una bella lettura da fare rigorosamente dopo aver mangiato (bene!) 😉
    RiV

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  3. Avatar shivatje

Se puoi lascia un’emozione sarà la benvenuta