🧄L’oro verde della Liguria 🧄

Il sole era un disco arancione che si tuffava pigramente nel Mar Ligure, tingendo il cielo di sfumature color pesca e malva, un’atmosfera così densa e salmastra da sembrare quasi palpabile. Era una di quelle serate in cui il vento si placava, lasciando che gli odori della terra e del mare si mescolassero in un abbraccio olfattivo unico.

Ai piedi del borgo, nella modesta ma solida casa di pietra, la vedetta del giorno, il pescatore Lino, si tolse gli stivali pesanti sull’uscio. Era rientrato con l’ultima luce, e mentre si scrollava di dosso la stanchezza, il profumo lo investì, caldo e avvolgente, spazzando via ogni fatica: l’aroma inconfondibile di basilico fresco, aglio gentile e pinoli tostati, una sinfonia culinaria che significava solo una cosa: Pesto Genovese.

«Sei a casa, Lino!» la voce squillante di sua moglie, Marisa, lo raggiunse dalla cucina.

Lino si incamminò, il cuore che si scioglieva un poco ad ogni passo. Nella piccola cucina luminosa, dominata dal grande tavolo di legno scuro, Marisa e sua sorella, Adele, erano chine su un paiolo di rame. L’aria era satura di quel profumo sacro, amplificato da un leggero sentore di salsa calda e dalla nota iodata e minerale che il mare depositava sulle pareti.

Marisa stava ultimando la preparazione. Sul marmo chiaro, l’ingrediente principe: il pesto. Non quello svelto e moderno fatto col frullatore, ma quello della tradizione, quello che aveva una storia lunga e antica, che si narrava essere nato proprio qui, in Liguria, nei secoli.

«Lino, vieni a vedere, sono perfette!» esclamò Adele, asciugandosi le mani sul grembiule.

Marisa, col volto acceso dal calore e dalla passione, sorrideva.

«Questa è la vera meraviglia, Lino, l’erede della Moretum romana, ma più verde, più profumata, più nostra» disse, indicando con un gesto amorevole. «Il cuore è sempre lui: il basilico di Pra’, raccolto giovane e profumatissimo, pestato rigorosamente nel mortaio di marmo con il pestello di legno. Poi un pizzico di sale grosso, i pinoli, e due spicchi d’aglio dolce che non copra, ma accarezzi. Il tutto legato insieme dal nostro olio extra vergine d’oliva ligure, leggero e fruttato, con un tocco finale dei nostri due formaggi: il Parmigiano Reggiano stagionato e il profumatissimo Pecorino Sardo».

Mentre Marisa parlava, Adele sollevò il coperchio del paiolo. Dentro, in un turbinio di acqua leggermente salata, danzavano loro: le trofie.

«E le trofie, amore mio, le trofie!» Lino si avvicinò per guardare meglio, inalando il vapore.

«Le trofie sono le nostre, come dici tu, il ricciolo che raccoglie il sugo» rispose Marisa, mentre con la schiumarola ne estraeva alcune. «Sono l’ingegno contadino trasformato in pasta. Un tempo, a Camogli, si dice che le donne le preparassero attorcigliando l’impasto sul piano di lavoro, un modo per consumare la farina di casa. Nascono per raccogliere questo verde capolavoro! Farina, acqua, e pazienza per quel loro codino arricciato, la forma perfetta per non lasciar scappare una goccia di pesto».

In un rituale antico e rassicurante, Marisa scolò la pasta al dente. La versò immediatamente in una zuppiera di ceramica, dove aveva già posto il pesto, diluito con un cucchiaio dell’acqua di cottura per renderlo più cremoso. Con due grandi cucchiai di legno, iniziò a mescolare lentamente, avvolgendo ogni singola trofia in un mantello verde brillante.

Il profumo esplose, ora ancora più intenso: basilico e sale marino, il burro dell’olio e il vapore della pasta, tutti uniti.

«A tavola!» gridò Adele, apparecchiando in fretta.

Lino si sedette al tavolo. Fuori, il cielo si era fatto di un profondo blu inchiostro, con le prime stelle che tremolavano come diamanti sparsi. Attraverso la finestra aperta, entrava l’odore forte e pulito del mare notturno, e il brusio lontano delle onde si univa al tintinnio delle forchette.

Quando Marisa posò al centro il piatto fumante, il silenzio scese. Lino affondò la forchetta, sollevando un mucchietto di trofie lucide e profumate. Il primo boccone fu un’esplosione di Liguria: il sapore erbaceo, pungente e dolce del pesto, la consistenza tenace e perfetta della pasta, l’abbraccio sapido e salmastro che riportava immediatamente ai campi assolati e alla salsedine del mare.

Marisa e Adele lo osservavano con affetto, sapendo che in quel piatto non c’era solo cibo, ma la storia di una terra, il lavoro di mani sapienti, e il calore di una famiglia. Seduti lì, in quel piccolo focolare di un borgo ligure, Lino capì che non c’era ricompensa più grande della semplicità, del profumo di casa, e del sapore autentico di quella pasta verde che sapeva di radici, di sole e di mare. Il racconto più bello era quello che stavano condividendo, cucchiaio dopo cucchiaio.

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5 risposte a “🧄L’oro verde della Liguria 🧄”

  1. Avatar Eterea

    🤍🤍🤍

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  2. Avatar Francesca

    Per me che sono genovese è un bel vedere! Grazie ❤️

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  3. Avatar guido arci camalli

    Pasta al pesto per me una droga 😋…love … quando posso ne mangio a volontà

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  4. Avatar shivatje

    🙏🌹

    Aum Shanti

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