Il Soffio della Puglia: Storia, Emozione e Sapore Unico


Lungo la costa adriatica, dove il sole bacia l’orizzonte e il vento salmastro modella le rocce, si estende la Puglia, una terra ricca di storie sussurrate tra gli ulivi secolari, e qui, nella vivace Bari Vecchia del XIII secolo, tra i vicoli stretti che profumano di sale e pietra antica, la vita ruota attorno al ritmo del mare e della terra, e ogni giorno è scandito dal rito sacro della tavola. Era un tempo di fatiche, ma di forte solidarietà, e il cuore pulsante di tutto era Donna Isabella, una saggia e svelta massaia la cui mano trasformava l’umile impasto di sola semola di grano duro e acqua in piccole creature concave sul suo tavoliere di legno, le orecchie come le chiamavano, la cui forma, concava e rugosa, ispirata forse agli antichi dolci ebraici o ai crosets provenzali (diffusi grazie alle influenze culturali dell’epoca normanno-sveva e angioina), era un’invenzione geniale, perché, come Isabella insegnava alle giovani, “Ogni concavità è un piccolo nido, deve accogliere il sugo, un invito all’ascolto del sapore”, creando una pasta perfetta anche per i lunghi viaggi dei marinai come suo figlio. E mentre le donne modellavano il grano, i contadini, nell’entroterra, portavano in dote i tesori dell’inverno: le cime di rapa, una verdura robusta e amarognola, ricca di vita e sostanza, l’ingrediente più vero e disponibile per la gente semplice. Il vero miracolo accadde un giorno di festa, al ritorno atteso dei pescatori, quando Isabella, con il cuore pieno di gratitudine per il figlio ritornato, decise di unire la forza del mare e la generosità della terra in un solo, grande abbraccio. Prese le sue orecchiette fresche, le cime di rapa e l’ingrediente salino donato dal mare: le acciughe. Nelle case pugliesi di allora, come in quelle di oggi, il rito iniziava con la pulizia meticolosa delle cime di rapa, seguita dalla loro bollitura in abbondante acqua salata. Poi, in un gesto di profonda empatia culinaria che lega l’orto al piatto, le orecchiette venivano tuffate nella stessa acqua di cottura della verdura, unendole fin dall’inizio. Intanto, su un fornello a legna, l’olio extra vergine d’oliva pugliese – l’oro giallo e aromatico della regione – iniziava a sfrigolare in una padella larga, accogliendo l’aglio e il pizzico di peperoncino che riscalda l’anima, l’immancabile diavulicchio (ingredienti che anche i marinai portavano con sé, facili da conservare e pieni di sapore); era il momento in cui i filetti di acciuga venivano disciolti, trasformandosi in una cremina sapida e profonda. Quando il tutto era pronto, si usava la schiumarola per trasferire le orecchiette e la verdura direttamente nella padella del condimento, mantecando con vigore, come si fa ancora oggi in ogni cucina di famiglia, lasciando che l’olio si emulsionasse con l’acqua di cottura e che le orecchiette, con la loro forma accogliente, divenissero perfetti nidi per ogni frammento di verdura e ogni scintilla di acciuga fusa. Quella sera, quel piatto, non fu solo cibo: fu un momento di vera convivialità e amore incondizionato, la celebrazione del ritorno e della vita che rinasce. Le orecchiette alle cime di rapa divennero così il simbolo della resilienza pugliese, un piatto in cui l’amaro della terra si sposa con il salino del mare, e che viene completato (ancora oggi, in un’abitudine che è memoria storica) con una spolverata di pangrattato tostato, il cosiddetto “formaggio dei poveri”, quando i tempi erano magri, per dare quella nota croccante che spezza la morbidezza e conclude il sapore. È questa l’eredità che la famiglia pugliese porta in tavola, un piatto semplice, ma denso di storia, che non ha bisogno di artifici, perché è l’espressione più vera dell’anima della Puglia intera.

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5 risposte a “Il Soffio della Puglia: Storia, Emozione e Sapore Unico”

  1. Avatar Norma

    Thanks You, is beautiful history, God bless you 🎁♥️

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  2. Avatar Prinz Prospero

    Die Frauen der Carleones in Sizilien konnten alle gut kochen und der Tisch war oft reichlich gedeckt .. ;)

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  3. Avatar shivatje

    🙏

    Aum Shanti

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