Nel salotto ottocentesco, fra il cristallo e il broccato,
l’aria era intessuta di non detti, di desideri celati.
Gli sguardi, ponti sottili oltre il confine del decoro,
un alfabeto segreto fra due anime in attesa.
Lei, un sogno vestito di seta e velluto,
spalle nude come marmo, un collo di cigno,
i capelli corvini, raccolti in un nido perfetto,
dolcissima nel suo silenzio, bellissima e irraggiungibile.
Lui, possente, un’ombra ardente nel suo frac nero,
gli occhi scuri, una fiamma trattenuta dietro le buone maniere.
Si muoveva fra la folla, un leone in gabbia,
cercando quel suo viso fra i lumi soffusi.
Un gesto accennato, il fruscio di una mano che quasi sfiora,
un’intesa che bruciava più di mille parole sussurrate.
Il teatro era il loro palco di tortura,
ogni atto un’attesa, ogni sipario un respiro sospeso.
Poi, il corridoio, il buio complice del guardaroba.
L’aria spessa di naftalina e antichi profumi.
Il frac si stringe contro il vestito, un mondo che si annulla.
Lui l’attrae a sé con una forza antica, inevitabile.
Le mani di lui, forti e audaci,
sfiorano il tessuto, salgono sulla schiena scoperta,
carezze proibite che incendiano la pelle,
un tocco che annienta ogni resistenza, ogni timore.
Il suo respiro contro il collo di lei,
un desiderio troppo a lungo rinchiuso.
Lei si abbandona, un fiore che si dischiude nel buio.
Il cuore le si ferma, un battito sospeso nell’eternità.
E il bacio. Non un semplice incontro, ma un furto.
Passione come una tempesta, un fuoco che consuma.
Le labbra che si cercano, si trovano, si fondono.
Tutto il mondo fuori svanisce, dissolto nel loro ardore.
In quel momento rubato, fra le giacche appese e il silenzio,
l’amore non era più pudico, ma selvaggio,
un vortice di sentire, un’anima che si libera.
Il respiro si spezza, il cuore tace, ma la vita esplode.
Il tempo si inchina a quel bacio, a quella passione proibita.

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