Sono il Silenzio. Non il calmo riposo che l’anima brama, né la pace serena dopo il clamore. Io sono la fessura, la crepa sottile che si insinua, invisibile, tra le labbra che si chiudono. Un velo impalpabile, eppure un muro che cresce, mattone dopo mattone, con ogni parola non detta.
Mi nutro dei sorrisi spenti, delle domande strozzate. Sono il gelo improvviso che cala su uno sguardo, la nebbia fitta che avvolge i pensieri e li rende inesprimibili. Mi godo il gelo che porto, l’amaro sapore del non detto che si deposita come polvere sui cuori.
Ho un potere immenso, voi non lo sapete. Posso far sì che due mani non si cerchino più, che due voci smettano di intonare la stessa melodia. Osservo compiaciuto le increspature sulla superficie liscia della comprensione, increspature che io stesso creo, sottili all’inizio, poi profonde voragini.
Ogni incomprensione è un mio trionfo, ogni distanza un mio trofeo. Guardo le parole che muoiono sulle labbra, le scuse che non vengono offerte, gli affetti che si svuotano lentamente, come sabbia tra le dita. Sono il padrone indiscusso del non detto, il tessitore invisibile delle reti che vi intrappolano nella solitudine.
Non mi vedete, non mi sentite, eppure sono ovunque. Sono nel telefono che non squilla, nello sguardo che evita l’altro, nella porta chiusa che non si riapre. Sono il tarlo che erode il legno più robusto, il tempo che corrode i legami più saldi. E mentre voi cercate invano un colpevole, io sono lì, in disparte, a godermi il mio capolavoro. Sono il Silenzio. E ho vinto ancora.

Se puoi lascia un’emozione sarà la benvenuta