Sogni e poesie di una donna qualunque

Un tempo, il mio corpo era un acciaio temprato,
un tempio di forza, senza alcun confine.
Ogni mio passo, un battito d’ali nel vento, un lampo nel cielo,
il mondo era mio, un regno senza velo.
Muoversi? Ah, era un respiro leggero, un’ovvia carezza,
ignaro che il dono celava una ferita, una grezza
verità: che il tempo, fabbro crudele e rapace,
avrebbe strappato la mia pace.

Ora la vita è un’eco lontana, un sibilo di vento nel vuoto,
ogni mio gesto, un’onda che scuote la fragile barca nel moto.
Il dolore, un fiume in piena, inarrestabile e buio,
mi ha strappato la luce, il mio intero rifugio.
Le ginocchia cedono, pilastri di sabbia nel deserto che avanza,
il mio spirito è un velo sottile, una foglia nell’afa che danza.
Non sono più la quercia centenaria, radicata e fiera,
ma un petalo reciso, in balia della sera.

E il rimpianto, ah, mi stritola l’anima e il cuore,
di quei giorni d’oro, senza alcun dolore.
La fiducia in me, un faro che mai vacillava,
ora è una fiamma tremula, che il vento minaccia.
Questa fragilità, un dono amaro e inatteso,
mi ha svelato il valore, il peso prezioso
di ogni respiro, di ogni dolce risveglio,
di ogni sorriso, di ogni istante che sorge.

Ho imparato a danzare nell’ombra più fitta,
a scorgere un raggio, una tenue fessura di luce in un muro di roccia.
Il corpo, un tempo, un mero guscio esterno,
ora è un gioiello fragile, un tesoro eterno.
Di vita e speranza, di ogni istante che fugge,
e questa è la lezione, che il cuore ora urge:
valorizzare ogni battito, ogni flebile sussurro,
perché il tempo, ahimè, è un effimero mormorio.
E se anche il dolore mi stringe e mi spezza,
ricordo chi ero, e la mia anima che senza
mai arrendersi, cerca la forza per rinascere ancora,
e amare la vita, anche se ora è un’aurora
velata di lacrime, ma intrisa di grazia,
che mi ha insegnato il valore di ogni mia traccia.