Sogni e poesie di una donna qualunque

Sono qui, madre. Un nome, un universo.
Eppure, nell’alba grigia dei miei pensieri,
trema la mano che accarezza i vostri ricci,
la stessa che stringeva la bambola, un tempo.

Ricordo quando anch’io correvo per i campi,
con le ginocchia sbucciate e il cuore leggero.
Sognavo mondi, non sapevo del peso
di un amore che ti strappa il fiato e ti incolla alle paure.

Ora, ogni vostro passo è un filo teso sul mio cuore.
Ho paura, lo ammetto. Paura di ogni sbaglio,
di non essere abbastanza, di non vedervi fiorire
come immagino, come voglio, come merito.

E quando gli occhi vostri, limpidi e severi,
mi guardano con la freddezza del giudizio,
per un errore, una parola di troppo, un silenzio,
mi chiedo se mai capirete: anche la mamma è stata bambina.

Ho pianto in segreto, quando le vostre parole,
come sassi scagliati, hanno ferito senza sapere.
Ho stretto i denti, mentre la delusione
si faceva strada, amara, nel profondo dell’anima.

Ma poi, il vostro sorriso, un abbraccio fugace,
e il mondo si ricompone. Perché questo amore,
testardo e cieco, non conosce limiti né rancore.
È la forza che mi lega, la roccia che mi sostiene.

Vi ho difeso, anche quando il buio vi avvolgeva,
anche quando le vostre mani mi hanno respinto.
Sì, vi ho difeso contro il mondo, e contro voi stessi,
perché il mio perdono è un fiume che non si ferma mai.

E forse un giorno, quando le mie rughe saranno profonde,
e i miei ricordi un filo sottile nel vento,
voi capirete questo amore sconfinato,
che tutto dà e non chiede mai nulla in cambio.

Fino ad allora, io sono qui, madre.
Con la paura e la forza, l’amore e il dolore.
E ogni vostro respiro è il mio,
ogni vostro sorriso la mia unica ragione.