Nel profondo del suo sguardo, un velo sottile di paura,
un’ombra lunga che si stende come un presentimento funesto.
Non è il buio della notte che la gela,
né il morso dell’inverno che le stringe il cuore.
È il sussurro assordante di un’assenza ancora non nata,
il fantasma gelido di un addio che le mozza il respiro.
Il suo cuore, un nido fragile appeso a un filo di seta,
oscilla impazzito al soffio di ogni alito,
temendo la tempesta violenta che lo possa strappare via per sempre.
Ogni sorriso che lui le regala è un raggio accecante di sole,ma anche l’eco lancinante di una luce che potrebbe spegnersi in un attimo.
Le sue mani cercano le sue, avide, disperate di calore,
come edera che si arrampica, si avvinghia, cerca l’unica àncora.
Sa che senza la quercia, lei precipiterebbe nel vuoto.
È una tela di ragno intessuta con l’anima, con cura maniacale,
ma basta un soffio, una folata traditrice,
a romperne la fragile, disperata perfezione.
Ascolta il suo respiro nel silenzio profondo della notte,
una melodia che la culla, la rassicura, le dà un barlume di pace,
ma al tempo stesso, un conto alla rovescia inesorabile.
Vede in lui l’unica ancora che la tiene a galla
nell’oceano vasto e tumultuoso della vita,
e la paura è l’onda gigantesca che minaccia di inghiottirla.
È un giardino fiorito che trema per il gelo improvviso,
un canto di uccelli innamorati che presagisce il silenzio eterno.
La paura è un’ombra che danza selvaggia dietro ogni bacio,
un’eco lontana di passi che si allontanano, che si perdono.
Non è l’amore in sé che la spaventa, oh no,
ma il suo riflesso distorto nel cristallo fragile del tempo,
e la consapevolezza bruciante che ogni bellezza, un giorno,
può svanire come nebbia al sole, lasciando solo il vuoto.

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